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Archivio Piero Bottoni / Politecnico di Milano
Casa Incis in via Bertinoro al QT8, 1953-58
Piero Bottoni
Fondo Piero Bottoni
La casa di via Bertinoro che conclude il QT8 verso piazza Stuparich è, per taluni aspetti, figlia della Casa giardino elaborata da Bottoni con Mario Pucci nel luglio 1945. Certo, le differenze sono evidenti: viene abbandonata la distribuzione degli appartamenti su due livelli (duplex) e, soprattutto, il risultato architettonico non raggiunge la stessa qualità. Ma ad accomunare i due organismi c’è la scelta di innestare, nella residenza multipiano, elementi della casa unifamiliare. Come nella Casa giardino, ampi spazi aperti attrezzati a giardino sono ricavati all’ingresso degli appartamenti ai vari piani. Li assicurano sul lato ovest ampie balconate in connessione con i blocchi scala-ascensore, a cui sono ancorate. La facciata trova in questi elementi potenti il motivo ordinatore e, allo stesso tempo, mette in evidenza la logica interna all’organismo: il suo essere costituito da cinque torri accostate. Come in altre opere, sul fronte a oriente Bottoni cambia registro affidando a pannelli schermanti (in corrispondenza delle cucine) il compito di assicurare leggerezza (in un voluto contrasto con la possanza dell’organismo) insieme a una delicata nota cromatica, ottenuta con un rivestimento di tesserine di ceramica. Bottoni realizza qui una delle declinazioni del cromatismo in architettura: un motivo da lui affrontato per la prima volta nel 1927 e che riaffiora qua e là nelle sue architetture. Come in altre realizzazioni, Bottoni ha prestato grande attenzione agli spazi collettivi progettando al piano terra un asilo nido per 60 bambini e altri ambienti (una sala riunioni e una cooperativa di consumo).
Giancarlo Consonni
01 — Veduta del prospetto nord-ovest durante il cantiere, negativo in b/n
02 — Veduta del prospetto sud-est, negativo in b/n
03 — Veduta del prospetto est, stampa fotografica a colori
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO PIERO BOTTONI
Monumento ossario dei partigiani alla Certosa di Bologna, 1954-1959
Piero Bottoni (sculture), con Stella Korczynska e Jenny Wiegmann Mucchi
Fondo Piero Bottoni
Il Monumento ossario dei partigiani, premio In-arch per l’Emilia Romagna 1961, completato dal corpo delle Cappelle funerarie (1954-63), è l’ultima realizzazione di Bottoni a Bologna. Il monumento è ispirato al mito di Orfeo e alla discesa agli inferi quale passaggio necessario alla riconquista della luce. Ma non mancano richiami evangelici e danteschi. Mentre nella simbologia messa in scena da Bottoni lo scendere – un attraversamento della linea d’ombra – rinvia alla tragedia della dittatura e della guerra, l’ascensione allude sia alla riconquista della libertà sia al premio per chi ha sacrificato la vita per questo obiettivo. Dopo essere scesi per una trentina di gradini, si incontra nella penombra un primo gruppo scultoreo (opera dello stesso Bottoni): tre corpi che accennano a un moto ascensionale, quasi un insieme vegetale che si districa verso l’alto sotto l’azione della luce. La prospettiva del cielo si rivela appena dopo. Dapprima lentamente là dove lo sguardo è catturato da una morbida figura femminile (opera di S. Korczynska), il cui atteggiarsi trasforma la parte bassa dell’invaso in un gorgo risucchiante: un’evocazione del vento che nella Divina Commedia trascina Paolo e Francesca. Quindi velocemente: l’occhio ormai spicca il volo con una figura maschile (opera di Jenny Wiegmann) tutta compresa nella determinazione del suo gesto. È allora possibile allo sguardo e al cuore librarsi nel cielo al seguito di un gruppo di eroi (altre figure scultoree della Wiegmann). Giancarlo Consonni
01 — Veduta dell’interno dell’ossario, stampa fotografica in b/n
02 — Riproduzione sezione ossario, stampa fotografica in b/n
03 — Veduta dell’interno dell’ossario, stampa fotografica in b/n
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO PIERO BOTTONI

Palazzo Ina in corso Sempione 33 a Milano, 1953-1958
Piero Bottoni
Fondo Piero Bottoni
In questo edificio possente, alto 18 piani e lungo 75 metri, si avverte l’influenza di Le Corbusier, in particolare nelle proposte (poi abbandonate all’insaputa del progettista) di fare del tetto un giardino e di destinare a verde per il tempo libero e il gioco dei bambini anche il decimo piano (idea di cui è rimasta traccia nella facciata a nord-ovest). Ma nel rapportarsi al corso Sempione, uno dei rari boulevard milanesi, l’edificio si distacca dal modello dell’Unité d’habitation di Marsiglia. Invece di sollevare la costruzione su pilotis, Bottoni concepisce il piano terra come una prosecuzione della strada, a dichiarare l’appartenenza dell’edificio al boulevard. La scelta di disporre l’edificio perpendicolarmente al corso Sempione ha consentito a Bottoni di definire i fronti in maniera diversa «in funzione anche delle particolari prospettive»: il prospetto a sud-est, rivolto al cuore della città, si struttura interamente sulle logge dei soggiorni; quello rivolto alla periferia è caratterizzato dai lunghi balconi su cui si affacciano i servizi. Allo stesso tempo sia le logge che i balconi sono come deformati dalla tensione dello sguardo verso il corso; un’energia che la composizione mette a frutto musicalmente: la facciata rivolta alla città storica ha il ritmo serrato di una fuga di Bach, quella che guarda all’hinterland evoca una sinfonia di Šostakovič. Mentre la prima, più uniforme, fa da contrappunto alla complessità della città storica, la seconda si presenta scandita, come formata da quattro torri affiancate, quasi figure di rassicuranti guardiani per chi entra in città. Giancarlo Consonni, Graziella Tonon
01 — Veduta del prospetto sud-est durante il cantiere, stampa fotografica in b/n
02 — Veduta del prospetto nord durante il cantiere, stampa fotografica in b/n
03 — Veduta del prospetto est, stampa fotografica in b/n
04 — Veduta dell’atrio, stampa fotografica a colori
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO PIERO BOTTONI